Ogni progetto che funziona è un organismo vivente: respira, cambia, cresce. E come ogni essere vivente, ha bisogno di cura, connessioni e coerenza.
Daniele Fappiano
Perché ogni progetto è un ecosistema vivente, non una sequenza di task
Viviamo un’epoca in cui l’idea di progetto è diventata onnipresente. Tutto è progettualità: bandi, startup, piani strategici, roadmap, canvas, call. Tuttavia, ciò che troppo spesso manca è una vera comprensione della natura profonda di un progetto. Un progetto non è un piano operativo. Non è una lista di obiettivi e azioni. Non è un modulo da compilare per ottenere un finanziamento. Un progetto, se vuole davvero produrre trasformazione, è prima di tutto un organismo vivente, un sistema in evoluzione, un’interazione dinamica tra fattori visibili e invisibili, strutturali e relazionali, individuali e collettivi.
Ecco perché oggi, più che mai, occorre recuperare una visione sistemica, olistica e multidimensionale del progettare. Una visione che ci permetta di uscire dal paradigma lineare, per entrare in quello circolare. Che ci inviti a osservare non solo le parti, ma anche le connessioni. Che ci porti a progettare con attenzione non solo agli obiettivi, ma anche agli effetti collaterali, alle traiettorie evolutive, alle implicazioni sul lungo periodo.
Il progetto come sistema: comprendere le interdipendenze
Pensare in modo sistemico significa partire dal presupposto che nessun elemento esiste da solo. Ogni azione ha conseguenze, ogni decisione innesca reazioni, ogni scelta crea opportunità e vincoli. Questo vale anche – e soprattutto – nei progetti.
Spesso, per semplificare la complessità, si tende a dividere il progetto in fasi, attività, milestone, deliverable. Ma questa scomposizione rischia di farci perdere la visione d’insieme. Un progetto che non considera le interdipendenze tra elementi interni e fattori esterni diventa fragile, vulnerabile, rigido. E soprattutto, rischia di produrre risultati scollegati dai bisogni reali.
Pensiamo, ad esempio, a un progetto di digitalizzazione in una piccola amministrazione comunale. Se lo affrontiamo solo come implementazione tecnica (software, server, cloud), rischiamo di ignorare dimensioni fondamentali: la formazione del personale, la semplificazione dei processi, l’accettazione sociale del cambiamento, le implicazioni organizzative, il linguaggio con cui si comunica all’utenza.
Un progetto sistemico invece parte da una domanda più ampia: quale trasformazione vogliamo abilitare, e quali sono le forze in campo che la renderanno possibile o la ostacoleranno? In questo approccio, mappare il sistema non è una fase opzionale: è la premessa di ogni azione consapevole.
Agire in modo olistico: integrare le dimensioni del cambiamento
L’approccio olistico nasce dalla consapevolezza che ogni sistema è composto da molteplici dimensioni interrelate. In un progetto, queste dimensioni non sono solo tecniche, ma anche culturali, emotive, simboliche, politiche.
Prendiamo il caso di una PMI che vuole introdurre l’intelligenza artificiale per ottimizzare i processi interni. Agire in modo olistico significa non limitarsi alla scelta della tecnologia, ma esplorare:
come questa tecnologia si integra nei valori e nella cultura aziendale;
quali competenze vanno sviluppate per sostenerla;
come cambieranno i ruoli e le responsabilità interne;
quali resistenze potrebbero emergere;
come comunicare questo cambiamento ai clienti o ai fornitori.
Un progetto olistico non separa le persone dalla tecnologia, né la strategia dai comportamenti quotidiani. Non ignora il linguaggio, la comunicazione, il clima emotivo. Non riduce l’innovazione a un upgrade tecnico, ma la intende come una trasformazione integrale del sistema.
In Blue Lab utilizziamo spesso canvas multidimensionali, modelli di design evolutivo e strumenti visivi che ci aiutano a far emergere queste dimensioni sin dall’inizio. Perché se non le consideri quando progetti, ti ritroverai a gestirle in emergenza, quando esploderanno.
L’evoluzione come principio progettuale
Un errore ricorrente nella cultura progettuale è considerare il progetto come qualcosa di “finito”, da chiudere entro una data, da rendicontare, da archiviare. Questa logica si basa su una concezione meccanica e statica del cambiamento: inizio, svolgimento, fine. Ma la realtà è molto diversa.
I progetti che generano impatto sono quelli che evolvono, che sanno adattarsi al contesto, che cambiano forma senza perdere coerenza.
Un progetto vivo è come una pianta: cresce, si curva, si adatta al terreno, reagisce alla luce, sviluppa radici invisibili.
Per questo, nella nostra metodologia, introduciamo sempre momenti di ascolto, revisione e riallineamento. Non per correggere errori, ma per seguire il flusso naturale dell’evoluzione del progetto.
L’evoluzione richiede umiltà, capacità di lettura, apertura al feedback. Ma soprattutto richiede un team capace di apprendere insieme, di cambiare idea, di rinegoziare direzioni. Questo è ciò che distingue un progetto sterile da un ecosistema progettuale fertile.
Multidimensionalità: progettare per più livelli
Ogni progetto vive su più livelli simultanei:
- il livello tecnico (cosa facciamo)
- il livello relazionale (con chi lo facciamo)
- il livello narrativo (come lo raccontiamo)
- il livello politico (quali equilibri tocca)
- il livello simbolico (quale significato ha per chi lo vive)
Un progetto multidimensionale tiene conto di tutti questi livelli e lavora per allinearli progressivamente.
Se una PA avvia un processo di partecipazione civica, deve progettare:
- la piattaforma digitale (tecnica)
- il coinvolgimento dei cittadini e dei funzionari (relazionale)
- la comunicazione istituzionale e sociale (narrativa)
- la gestione delle aspettative e dei conflitti (politica)
- la costruzione del senso collettivo (simbolica)
Non è semplice. Ma è necessario. Altrimenti si rischia di attivare solo una dimensione (spesso quella formale) e di lasciare le altre in conflitto o in silenzio.
EDIH come esempio di progettualità sistemica accessibile
Il progetto EDIH – European Digital Innovation Hub, di cui Blue Lab è partner, rappresenta per noi una piattaforma ideale per sviluppare progettualità sistemiche e multidimensionali, anche in contesti che prima ne erano esclusi.
Grazie ai voucher EDIH, imprese e PA possono accedere a:
- diagnosi digitale: per capire dove sono e cosa serve davvero
- formazione e testing: per sperimentare prima di decidere
- accompagnamento all’adozione: per integrare la tecnologia con le persone
- accesso a reti e competenze: per non restare soli
EDIH non impone un modello: abilita una traiettoria personalizzata di evoluzione. È una leva concreta per ripensare i progetti come processi vivi, accompagnati da professionisti che non si limitano a implementare, ma aiutano a dare senso al cambiamento.
Una nuova cultura della progettazione
Pensare in modo sistemico, agire in modo olistico e progettare in chiave multidimensionale non è una tecnica, ma una cultura. Richiede uno sguardo diverso, uno stile diverso, una presenza diversa.
Significa allenarsi a:
- ascoltare prima di proporre
- mappare prima di agire
- coinvolgere prima di decidere
- misurare non solo l’efficienza, ma anche il significato
In Blue Lab ci muoviamo dentro questa cultura. La portiamo nei team, nei territori, nelle imprese. Perché crediamo che progettare non sia produrre documenti, ma attivare processi di trasformazione reale, sostenibili e condivisi.






