Innovare davvero significa costruire il nuovo su basi solide. Senza qualità, anche le idee migliori si sgretolano.
Cinzia Coppola
Perché innovare non significa rompere tutto, ma fare meglio ciò che conta davvero
Nella narrativa dominante, innovare viene spesso contrapposto a mantenere, a preservare, a consolidare. Come se per cambiare si dovesse sempre distruggere, rinnegare, sostituire. Ma nel mio lavoro – sia in ambito industriale che nella progettazione strategica – ho imparato una verità più solida e meno spettacolare: non c’è innovazione che duri se non si fonda su una cultura della qualità.
La qualità non è una zavorra. Non è un insieme di norme, certificazioni e carte da firmare. La qualità, intesa nel suo significato più profondo, è la capacità di costruire senso, ordine, coerenza e responsabilità nei processi. E solo su questa base si può innovare in modo sostenibile, utile, umano.
La qualità non è rigidità. È consapevolezza.
Troppo spesso chi propone innovazione tende a vedere la qualità come un ostacolo:
– “ci rallenta”,
– “è un costo”,
– “ci impedisce di essere agili”.
Ma questo accade solo quando la qualità è gestita in modo burocratico. Quando invece è integrata come logica di funzionamento, la qualità diventa:
- uno strumento di lucidità per decidere meglio;
- una mappa di processi su cui costruire efficienza reale;
- una forma di responsabilità condivisa, che permette ai team di sapere cosa stanno facendo e perché.
Innovare non vuol dire fare tabula rasa. Vuol dire saper mettere in discussione ciò che non funziona, salvando e rafforzando ciò che funziona. E questa capacità si coltiva solo con una cultura della qualità vera, non decorativa.
Il mio lavoro tra sistemi qualità e processi innovativi
La mia esperienza mi ha portata a lavorare in ambienti industriali complessi, certificati ISO 9001, 14001, OHSAS, in settori altamente regolamentati come aerospazio, manifattura, elettronica. Ma ho sempre rifiutato l’idea che la qualità fosse solo una “gabbia”. Per me è sempre stata una struttura che sostiene la trasformazione, come le fondamenta che permettono a un edificio di evolvere in altezza senza crollare.
In Blue Lab, porto questo approccio anche nei progetti strategici, nelle consulenze alla PA, nei percorsi per PMI e startup. Ogni volta che costruiamo un progetto:
- pensiamo a come misurare l’efficacia delle azioni;
- definiamo standard minimi condivisi;
- organizziamo le responsabilità in modo chiaro e trasparente;
- progettiamo con l’idea che ciò che costruiamo debba poter essere replicato, monitorato e migliorato.
EDIH come esempio di innovazione strutturata
Uno dei motivi per cui abbiamo scelto di impegnarci nel progetto EDIH è proprio questo: permette di portare innovazione dentro sistemi che hanno bisogno anche di ordine, metodo, gradualità. Non si tratta solo di offrire formazione o strumenti. Si tratta di:
- fare un assessment iniziale chiaro e utile;
- costruire un percorso di miglioramento continuo;
- lasciare qualcosa che resta funzionante anche dopo l’intervento;
- attivare una consapevolezza nei team interni.
EDIH non è solo un contenitore di tecnologie. È un’occasione per introdurre cultura progettuale e qualità nei processi di cambiamento.
Innovare senza qualità è solo rumore
In definitiva, la vera sfida non è inventare qualcosa di nuovo. È migliorare ciò che conta, rendendolo più giusto, più accessibile, più efficiente, più umano.
E per farlo serve:
- metodo;
- rigore;
- cura nei dettagli;
- attenzione alle relazioni;
- rispetto per i tempi delle persone e delle organizzazioni.
La qualità non è l’antitesi dell’innovazione. È il suo prerequisito più solido.